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C’ERA UNA VOLTA (4)
IL CUORE TESSUTO
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Tabella dei Contenuti
Vi racconto delle storie d’amore di Ars Ricicla come l’intendo io (vedi articolo Ars Ricicla). Storie di refashion, di recupero nello spirito del riciclo e di riutilizzo creativo fra “reuse”, “repurpose” e “upcycling”(vedi capitolo “Che cosa si intende per riciclo” dell’articolo Ars Ricicla):
- LA VESTA D’OFFICIO
- IL CUORE DEL TAPPETO
- L’AUTOMERIDIANA (Self-Sun-Dial)
- IL CUORE DEL TESSUTO
- CULTURES – ALTARPIECE
Questa è la QUARTA.
C'ERA UNA VOLTA...
… una rocca di filato di cotone finissimo naturale. L’avevo trovata tempo addietro nella cantina di mio padre che, da grande amante del riciclo, portava a casa tutto ciò che gli pareva potesse avere la dignità di una seconda vita (anche se quasi in odore di accumulo seriale). Questa rocca doveva essere lì dagli anni 60. Come doveva essere sucesso a lui, anche a me ha fatto tenerezza la sofficità e la naturalezza del filato ancora in perfette condizioni. Me la sono portata a casa e l’ho tenuta lì per tanti anni. Finché un giorno mi ha parlato: ma insomma non riesci proprio a vedere a cosa potrei esserti utile? Ho iniziato a considerare seriamente il materiale. Il filato finissimo si spezza al minimo soffio ma ho scoperto che mettendo assieme numerosi fili si ottiene un bellissimo filo di cotone molto resistente adatto anche a essere tinto. Ho iniziato quindi a fare i primi cordoncini per vedere come si comporta il filato ritorto. E’ ottimo per i cordoncini decorativi, meno per altri lavori. Allora usiamolo liscio, mi sono detta. Se la rocca è nata per la tessitura a livello industriale, io proverò a tesserlo con la tecnologia primordiale del telaio semplice: dei chiodini piantati sui lati corti di un rettangolo di legno. Nello spirito del riciclo non sono andata lontano a cercare un telaio rettangolare: mio padre aveva le api e teneva, sempre in cantina, un cartone enorme di vecchi telai dell’apiario. Ne ho recuperato uno, l’ho pulito dai residui di cera, ho controllato le giunture e trovato i chiodi adatti.
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Come spesso accade quando ho in mente di usare una tecnica che non conosco per nulla, mi appello alla rete e raccolgo quanto più materiale disponibile sul “come si fa”, passo tutto il tempo necessario a studiare e poi mi lancio nell’impresa. Così è stato anche in questo caso. Per fare la spoletta ho inciso uno stecco di un gelato magnum, per il separatore ho usato una bacchetta per mescolare lo zucchero del caffè per asporto e pettini e forbicini, beh, ce ne sono in ogni casa. C’è voluta tanta pazienza davvero, perché il filo, anche se unito a 7 o 10 filamenti, è comunque sottile e si comprime molto nel lavoro di tessitura. Ad un certo punto mi sono stufata, ebbene sì, ho deciso di fermarmi, perché non ne avrei mai fatto nemmeno un fazzoletto.
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Ma, ma… potevo farne un’installazione. Con l’uncinetto ho fatto scomparire i fili pendenti e realizzato due asole laterali alle quali ho agganciato altri fili per tendere il tessuto realizzato sui lati lunghi. Per dare colore e contrasto sul fondo ho usato quattro strati di un vecchio scampolo di tulle blu elettrico con cui avevo fatto i vestiti di carnevale per mia figlia. Ho appeso il telaio al muro e lì è rimasto per cinque anni.
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Un giorno il quadro mi ha parlato e mi ha detto: ma davvero vuoi che resti così per sempre, non ti sembro incompiuto? Mi ha convinto. Il tessuto dalla vaga forma di vaso teso ai 4 venti meritava di essere esposto meglio, applicato come cuore di un’installazione più complessa. Ho smontato tutto e recuperato il telaio e i chiodi. Ho piazzato il tessuto a forma di vaso sugli strati di tulle con l’idea di applicarlo e poi creare delle decorazioni con un vecchio ago da punch needle di ottone che avevo comperato in fiera decenni e decenni fa. La tecnica del punch needle mi era oscura, perciò mi sono fermata un po’ per studiarla prima di procedere. Avendo bisogno di una tela di base per dare corpo al lavoro di punzonatura ho preso il primo straccio un po’ grossino sulla pila delle pezze da lavoro che aveva anche delle belle macchie d’inchiostro nero che non andavano via. Non importava, se lo tingevo di un blu qualsiasi poi l’avrei nascosto bene dietro gli strati di tulle. Una volta riuniti tutti gli strati è stato lo straccio a parlare: ma secondo te non potrei essere usato così come sto, senza tagli? Non aveva tutti i torti. L’ho usato come superficie utile e ci ho disegnato sopra col gesetto per sarte. Poi ho deciso: ho fissato il vaso/tessuto sugli strati di tulle e tela, usando i fili della tessitura per ricamare delle catenelle.
Da lì è partito il treno. Prova e riprova, prendi mano, fa e disfa, finché non accade ciò che rende felici tutti: il filato, il vaso tessuto, lo straccio e me.
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Adesso ci vuole una cornice su cui tendere la tela. Lavorando al Cuore del Tappeto (vedi C’era una volta (2) Il Cuore del Tappeto) mi era capitato di andare a caccia di rami per farne una. Avevo raccolto dei rami di platano tagliati di fresco durante la potatura dei giardinieri comunali. Alcuni li ho usati per il Cuore, altri sono rimasti lì un paio d’anni e si sono asciugati per bene. Senza cercarne altri ho provato a ricevarne una cornice rettangolare e … miracolo ! Li ho usati tutti.
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Per legare insieme i rami al posto delle fascette di plastica ho usato dei pezzi di corda naturale che avevano tenuto insieme fascicoli e cartelle di un commercialista d’altri tempi. Legare i rami con la corda non è la cosa più intuitiva che ci sia. Se prendi il verso sbagliato, i rami non colaborano e la cornice non si regge. Anche qui prova e riprova, metti e togli, stringi e stringi ancora. Alla fine ci siamo capiti.
Ultimo step: per tendere la tela sulla cornice ho usato la raffia, unico elemento non recuperato dell’intero progetto, assieme alla colla vinilica con cui ho fissato da dietro i punti del punch needle. Per potere ancorare la raffia alla stoffa ho creato delle miniasole all’uncinetto tutt’intorno al bordo. Il filo di cotone usato è il recupero di una maglia di cotone. Ed eccolo qua!
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IL TRIANGOLO DEL RICICLO
Diamo uno sguardo al Triangolo del Riciclo e i suoi parametri (materiale, aspetto e funzione – superficie gialla – vedi articolo Ars Ricicla, capitolo “Il Triangolo del Riciclo”) applicandolo solo all’oggetto che ha originato il progetto (superificie verde): il filato di cotone .
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Il materiale di partenza, il filato di cotone naturale, è rimasto inalterato rispetto all’originale (nell’angolo del parametro “materiale” non c’è sovrapposizione con la superficie gialla). L‘aspetto del materiale è stato modificato dalla lavorazione inglobato in una trama/texture che riunisce molti fili contemporaneamente, anche se rimane sostanzialmente riconoscibile. La funzione del filato in questo quadro è invece cambiata rispetto all’intento del produttore. Il filato non era destinato ad un uso finale, forse doveva essere tessuto o forse sarebbe stato usato per produrre fili da cucito. Qua invece è stato usato come se fosse già un filato pronto per l’uso finale. Il valore complessivo percepito del materiale è superiore al valore del materiale di partenza. Quindi si tratta senz’altro di upcycle.