C’ERA UNA VOLTA … (1) LA VESTA D'OFFICIO
Vi racconto tre storie d’amore per l’Ars Ricicla come l’intendo io (vedi articolo Ars Ricicla). Una storia di refashion, un recupero nello spirito del riciclo e una storia di riuso creativo fra “reuse” e “repurpose” (vedi capitolo “Che cosa si intende per riciclo” dell’articolo Ars Ricicla). Tre storie, tre articoli:
Questa è la PRIMA.
C’ERA UNA VOLTA …
… anzi c’erano, negli anni ’80 del secolo scorso, un gruppo di camicie da uomo, di cui una usata per un completo di matrimonio. Per inerzia furono lasciate in un angolo remoto dell’armadio fino ai primi anni ’20 del nuovo secolo. Poi un giorno affiorarono alla coscienza del proprietario che, oramai separato e divorziato, non volle più saperne, né della camicia da sposalizio né delle altre al seguito. Stava per buttarle via in blocco ma io lo fermai.
Quella fu per me una chiamata del tipo 3 (“mi cade l’occhio” – vedi capitolo “Quando e come accade” dell’articolo Ars Ricicla). Le camicie mi parlarono: era un chiacchiericcio sommesso e indistinto, non si capiva bene cosa volessero diventare, perciò così le lasciai lì così, allineate, per parecchi giorni, in attesa che si mettessero d’accordo fra di loro e parlassero con voce univoca. Alla fine, fu deciso che sarebbero diventate un abito speciale, da cerimonia sciamanica, un’installazione refashion, una “Vesta d’Officio”. Arrivò l’immagine grezza di come avrebbe dovuto essere, in due versioni.
Non sapendo quale versione scegliere iniziai a guardare quali camicie avrei usato e in che modo. Le disfeci nelle componenti principali (maniche, teli dietro e davanti, colletti) e mi misi a comporre un possibile puzzle di disegni, colori e consistenze.
Una volta capita a grandi linee la composizione, iniziai a dissezionare minuziosamente ogni pezzo delle camicie, smontando le cuciture ad una ad una per valutare quanta stoffa avevo a disposizione. Un lavoro certosino.
Ho deciso che una camicia avrebbe fatto da pivot della struttura, cioè quella bianca, quella del matrimonio. Su quella ho poi innestato tutte le altre parti in vari stadi, un po’ improvvisando, un po’ puntando spilli, imbastendo e riprovando, un po’ pianificando con cartamodelli disegnati ad hoc. Questo lavoro a tentativi ed errori ha richiesto molto tempo e pazienza.
Alla fine, ho trovato il layout e la forma definitiva che mi piaceva, davanti e dietro. Sono riuscita anche ad inserire delle tasche nascoste nella stoletta davanti. Bisognava però sistemare il colletto (triplo, perché no?) e i polsini (i gemelli me li faccio come dico io – nodi cinesi). E senza cappuccio (staccabile) non si poteva stare (meglio sfruttare le asole già esistenti).
E finalmente…
Ma… e se ci mettessi una bella cintura? Ma certo, una cintura soba fatta di vecchie cravatte di seta e una vecchia fusciacca di seta nera da smoking (appartenuta addirittura ad un ministro della prima Repubblica)!
Detto – fatto, eccola, la Vesta d’Officio!
Proviamo ora ad applicare il Triangolo del Riciclo (vedi articolo Ars Ricicla, capitolo “Gli elementi del riciclo”) anche a questo progetto. Prendiamo in esame il prodotto di partenza: le camicie.
Il materiale e l’aspetto hanno subito un bel po’ di modifiche, mentre la funzione è rimasta abbastanza vicina a quella originale, in sostanza si tratta di un capo di vestiario, di un’enorme camicione composto da sette camicie. Il valore percepito del prodotto finale è decisamente superiore ai singoli pezzi che hanno contribuito alla sua creazione. Le camicie ringraziano!
A questo punto a qualcuno verrà magari da chiedere a cosa serve questa Vesta d’Officio, quando la metti e per quale occasione? Ma.. la metti davvero? E’ una domanda a cui mi è difficile rispondere. Posso dirvi però che è una gioia averla addosso anche se non devo officiare nulla. Questo vale tutto il lavoro e l’impegno che ci ho messo per crearla.